Alcuni sono elevati dal loro lignaggio
i versi dei miei poemi sono il mio lignaggio
Nusayb ibn Rabah (m.726)

La vita è come noi
La troviamo - e così la morte
una poesia d'addio?
Perché insistere
Daie-Soko (1809-1163)

Il rimorso non è la prova del crimine, indica solamente un'anima facile da soggiogare.
Donatien-Françoise-Alphonse De Sade

Se le creature sono i grandi veli che ci separano dal Creatore, la via per Allah passa attraverso di esse
Sheik Mhuammad at-Tàdilì

Le parole che dice chi è felice
son volgare melodia –
ma quelle che chi tace sente dentro
sono meravigliose.
Emily Dickinson

Non è grazie al genio ma grazie alla sofferenza, e solo grazie ad essa, che smettiamo di essere una marionetta.
Emil Cioran


venerdì 12 gennaio 2018

Verità

"Nella Ragione si schiantò una trave
e io rovinavo, rovinavo -
e a ogni tuffo urtavo contro un Mondo
e finii per conoscere, allora"
[Emily Dickinson] 

La verità è silenziosa
scortese
         violenta
Entra nel cuore e scuote ogni cosa
e della vita non lascia
che un brandello di carne

Scuote ogni cosa, come un vortice
poco le importa della legge
del giusto, del buono
della pietà che l'uomo sciocco
ostenta

Quando essa irrompe non ascolta il buon senso
e le parole misurate dei maestri
essa c'è
e in un tumulto senza suoni
riporta a galla ciò che è muto

perché il silenzio divenga conflitto
ed il conflitto infine
calma


Chaim Soutine - Ritratto di Paulette , 1924 

Sigur Rós - Route One 




giovedì 11 gennaio 2018

Sulla mente, sul cuscino

Sotto l'albero si mette il cuscino
sul cuscino si pone il corpo
sul corpo si pone la mente
ma sulla mente che cosa si pone?
[Famoso Koan Zen]

   
Attorno al 1500, un missionario cristiano di nome Francesco Saverio sbarcò al porto di Kagoshima, nella regione giapponese del Kyushu, per tentare di convertire alcuni monaci buddhisti che dimoravano in un tempio poco lontano.

Giunto a destinazione, l'uomo venne accolto con estrema gentilezza dai bonzi, che gli fecero visitare la loro dimora.
Quando, terminata la visita, gli venne mostrato lo zendo, la sala da meditazione, l'uomo rimase molto stupito nel vedere un gruppo di monaci seduti perfettamente immobili, nella posizione del loto, con gli occhi aperti e fissi sul vuoto:

<< Cosa fanno essi?>> Chiese il missionario.

Al che la sua guida, il monaco Ninjitsu, sorrise dolcemente e rispose:

<< Alcuni contano mentalmente i soldi guadagnati con l'elemosina, altri ancora pensano al loro tempo libero, i breve, ognuno di essi pensa  a qualsiasi cosa che abbia un senso>>

Con estrema sincerità, e senza alcuna pretesa, Ninjtsu aveva trasmesso al suo amico l'essenza della meditazione.


Non servire a nulla
come la brezza quando colpisce
i grattacieli
Come l'uccello quando posa
sopra il filo

Il tempo mio non passa mai
e sono certo che non sia 
qualcosa di prezioso
Guarire? Risanarsi?
Nemmeno fra un milione di anni 

Il cielo grigio la sera
Un'altra maschera di felicità


Marc Chagall - Parigi alla finestra, 1913


Kimie Fukuhara
福原希己江 - Omoi Omoware
想い想われ






lunedì 1 gennaio 2018

Preghiera Debole

Non c'è nessun luogo dove cercare la mente
è come le impronte degli uccelli nel cielo 
[Zenrin Kushu]

Vedo il mondo agglomerato
Di tristezza
cupo  brutale
spesso e intoccabile come pugni
di sabbia

Corpo del Buddha
Proteggimi dagli uomini retti
E dalla loro indignazione
Proteggimi dai figli
Delle cause luminose
Proteggimi dai santi
E dagli asceti dal cuore rattrappito

Perché io sono soltanto un uomo
Conosco solo
Il grido attonito delle mie interiora
E la realtà mi violenta, mi schiaccia
Come rovesci di grandine
Contro un ramo appassito.
 

Hakuin Ekaku 白隠慧鶴  - Due ciechi attraversano un ponte di tronchi, rotolo, inchiostro su carta

Toru Takemitsu - In un giardino d'autunno

giovedì 21 dicembre 2017

Argento

"Di fronte agli esseri umani 
ho sempre sussultato di terrore"
[Osamu Dazai - Lo Squalificato]

Mi sento solo
così solo
che dalle strade fiumi in piena
tagliente schiuma d'argento
e i visi altrui  montagne aspre
che m'impediscono il cammino


Marco Josto Agus - Solitudine, 1996


Muse - The Explorers
 

Oggi.

Oggi ho pensato, sinceramente e per la prima volta, che forse morire sarebbe meglio di tutto questo.

Non era un pensiero suicida, non proprio. Non ho motivo di vedere nel suicidio una via d'uscita.
Eppure nel pieno dell'esasperazione, dell'angoscia, della stanchezza, ho pensato chiaramente e con tutto me stesso a togliermi la vita.

Ed il sollievo che ho provato...qualcosa di indescrivibile.

So che è banale detta così, perché è banale il concetto, e perché in questo momento mi sento talmente stanco e svuotato di ogni entusiasmo che non riesco nemmeno a scrivere decentemente, non mi esce nulla: né un pensiero, né una parola.

In compenso sento tanto, e vi assicuro che in quello che ho sentito non vi era nulla di banale.

Per il resto sono a pezzi. Una larva d'uomo, davvero.
Leggo un sacco, studio come un matto, mi dimentico tutto e ristudio, bestemmio come un camionista.
Suono, suono, suono.

Sto imparando il greco, velocemente. Gli ideogrammi giapponesi mi restano in mente, perlomeno, questo ogni tanto mi dà un attimo di respiro, mi fa sentire un po' meglio; lenisce questo incessante, continuo stridere della mia anima.

Sarà sempre così?

Dio, ti prego, dimmi che non sarà sempre così...

Ha detto il poeta:

E fosse mia carne
che il dono di male trasforma
-------------------------------------------
Sono un uomo solo
un solo inferno 
 [Quasimodo]


Vabbé...
Mi faccio schifo.



lunedì 4 dicembre 2017

Testimonianza

"Porta via tutto di me,
aggiungi nuove pene, 
lascia che sfrondi le tue foreste
per coltivarvi un futuro"
[Viljo Kajava-Terra Severa]

"Ho visto massacrati
l'angelo e l'uccello cantante.
Ho visto il cavallo 
i soldati
le donne afflitte dal lutto
gli alberi morti, ed altre donne
abituate alle urla e ai pianti"
 [Al-Saddiq Al-Raddi - Poesia]

Ho cancellato oggi il numero della mia casa,
Ho strappato la targa che portava il nome della mia via
e quelle di tutte le altre.
Ma se tu assolutamente vuoi trovarmi,
bussa alla porta di ogni casa, in ogni via
delle città di tutti i paesi,
- tutto allo stesso tempo è una cattiva sorte e una
benedizione –
e ovunque dove risplende uno spirito libero:
sappilo, là è casa mia.

[Amrita Pritam - Il mio indirizzo] 
I.
Di questa mia battaglia
Non ho mai capito il perché
“Sono un Poeta”
Mi dissi
La mia natura è grandiosa
E delicata
Il cuore mio è come un muro di crepe
Che pure un soffio di vento può scuotere
L’anima mia è come una lente
Vasta e rotonda
Che tutto quanto deforma e riflette
E sarà sempre così, mi dicevo
Tutto quanto,
ogni cosa
affascinante e incomprensibile
meravigliosa e grottesca
“Sono un Poeta”
Mi dicevo
Senza capire nulle delle mie parole
Provando invano a dare un senso
A questo senso di cruda guerra
La mia battaglia divenne un massacro
La mia ricerca mutilazione
Finché il bisogno di sentire il mio sangue
Esplose
E mi trovai sventrato a terra
                    Sconfitto.
Senza nemmeno una parola
Per spiegare.

II.
Eppure è vero,
Sono un Poeta.
Ogni mio istinto risponde
A questa causa
Non ho bisogno di capire,
di integrarmi
di accumulare competenze e numeri
per dimostrare il mio valore sociale
Io sono un Poeta
E  il mio dovere è la testimonianza
La mia natura è delicata
Per camminare fra le trame del  tempo
Le mie paure sono vaste ed ardenti
Per prevedere i biechi orrori dei miei simili
la grandezza delle loro opere
Ogni cosa in me s’infiamma
Alla ricerca della battaglia
Ed assieme si ritira
Desiderosa di pace e riposo
Perché è così che agisce l’uomo:
lotta e riposa
ed è di ciò che devo scrivere

Io sono un poeta
Il mio corpo rifugge ogni catena
Il mio spirito
  Gli stretti limiti del sangue
Non ho né crediti, né lascito
Perché  i miei versi sono il mio lascito
Le mie impressioni i miei crediti
Non ho bisogno di una patria, di una casa
Di un lignaggio
Perché le mie parole sono il mio lignaggio.

III. Sono un Poeta
Nessuno può usarmi
Se non il canto dei fiumi e del vento
Se non lo sguardo di chi è solo ed oppresso
Di chi è schiacciato dalla morsa del mondo
E della concretezza
Di chi è vessato da un potere
Da un governo
Da una morale
Dal suo lavoro
Dalla sua famiglia
Per chi è frustato dagli “sbrigati”
Dai “Forza”
Dagli “Svegliati”
Per chi rifugge ogni forma di addomesticamento
Per chi ha bisogno di canzoni
Nuove, sempre

“Andate, mie canzoni, dai solitari e dagli insoddisfatti,
Andate anche da chi ha i nervi a pezzi, dagli schiavi delle convenzioni,
Portate loro il mio disprezzo per i loro oppressori.
Andate come un’onda d’acqua fresca,
portate loro il mio disprezzo per gli oppressori.”

Per chi cerca, e non si è mai accontentato
Per chi è privato dell’aria
Dalle pretese meschine di chi gli è attorno
Per chi è debole
E non si adegua ad essere forte
Per chi è indifeso
Ed ha intenzione di restare tale
Sì, eccomi
Sono un Poeta
Non ho bisogno di diplomi e di curricula
Non ho bisogno di adattarmi
I versi dei poemi sono il mio lignaggio
Siano loro a decidere il mio posto.

Taha Malasi - La creazione di un Poeta

Micheal Petrucciani - Round Midnight





giovedì 30 novembre 2017

Fame.

"Per piacere, voi che passate, abbiate la bontà di dirmi quanto sono grande.
Misurate queste braccia, queste gambe"
[F. Kafka -Descrizione di una battaglia]

"E no, non aspettano altro e sembra strano
Forse lo si legge dalle borse sotto gli occhi stanchi
Sotto l’occhio stan a rimembrare i fatti
I pochi che rifiutano son marci e moriranno marci
E faranno da stracci agli altri per lenire le ferite"

[Izi - Tutto Torna, Pizzicato] 

Non avete mai capito un cazzo di me. Mai. E mai ci capirete qualcosa.
Sono stanco di essere gentile, di limitarmi sempre perché siete troppo deboli e stupidi per accettare quello che ho da offrire.

Vi disprezzo tutti, uno per uno. E più sto meglio più vi odio.

-----------------------

Oggi, la gioia
i tramonti sembrano
più luminosi
i sapori
più intensi di ieri
ogni pensiero sembra incarnarsi
nel suo stesso sussurro

Eppure ancora
perché i tramonti
perché i sapori?
Perchè Io?
Parlare? Come se servisse
con queste dita tozze
e rattrappite
con questo corpo incerto
insufficiente
stanco ma ancora
assettato di battaglie
queste ossa inferme
ferite di speranza
questo tremore, questa
tensione
questo pensiero rotto d'idee
come una noce troppo grande
per il guscio...

 Tamara de Lempicka - Giovane ragazza con viole del pensiero, 1945

-----------------------

Non so più esprimere niente
nemmeno la mia stessa
banalità

Ho fame. Ho voglia di aprire la finestra
allungare il collo e con gli occhi strabuzzati
respirare
dritto, impuntato

davanti all'orizzonte

Ho fame.
Ma non so più descrivere
la forma dei cibi
la consistenza della carne
la morbidezza di un dolce caldo.
Ho fame, ma ho perso il senso
della fame

Le coordinate per collocarla nel corpo
nel tempo
nella mia bocca semiaperta che chiede
nutrimento

Ho fame, come molti, come tutti
Allora perché nessun'altro
ha tanta fame quanto me?


Izi - Tutto Torna



domenica 15 ottobre 2017

Mura


"Χωρίς περίσκεψιν, χωρίς λύπην, χωρίς αιδώ μεγάλα κ' υψηλά τριγύρω μου έκτισαν τείχη.

Senza preavviso, né pieta, senza nessun pudore
muri massici e alti mi hanno costruito intorno"
[K.Kavafis - Mura]


Hai lo sguardo triste
triste
di migliaia di anni
mentre le case sfumano
i palazzi
nella condensa

Vorrei gridare
sul serio gridare
urlare di rabbia e spezzare
il muro spinato che mi circonda
vorrei tremare per smuovere
il vuoto immobile di questa vita
Ma come fare, come?
Il mio sguardo è troppo,
                           troppo triste.


[Henri de Tolouse Lautrec - Postumi di una sbornia]



$UICIDEBOY$ - Antarctica 

lunedì 18 settembre 2017

Socrate e le briciole di pane

"Perciò, chi è serio, si guarda bene dallo scrivere di cose serie, per non esporle all'odio e all'ignoranza degli uomini. Da tutto questo si deve concludere, in una parola, che, quando si legge lo scritto di qualcuno, siano leggi di legislatore o scritti d'altro genere, se l'autore è davvero un uomo, le cose scritte non erano per lui le cose più serie, perché queste egli le serba riposte nella parte più bella che ha"
[Platone - Lettera VII]

"La vita è una merda
è un film di Raoul Bova" 
[Salmo] 
 
Ti dicono di lottare, continuamente, incessantemente.
Fin da quando sei piccolo, sei bombardato da queste immagini eroiche e stroboscopiche di gente che lotta senza tregua e vince schiacciando la testa del crudele nemico e nutrendosi simbolicamente delle sue viscere, assumendo nuova forza, ripetendo in nuove salse rituali che l'uomo si porta dietro fin da quando ha iniziato a percepirsi come essere senziente.

Lottare, lottare.  Lotta, sempre: stringi i denti, affila le unghie, altrimenti sei preduto.

Retorica di bassa lega, che  nasconde dietro l'apparente ottimismo un desiderio feroce e cannibale, alimentando l'illusione post-moderna di essere finalmente esseri realizzati, completi, quando invece siamo monchi e deformi.

Forse per questo la disabilità è un tema così poco trattato oggi, per questo se ne parla solo in chiave progressiva, positiva, in un'accezione inquietantemente semplficatoria dove il disabile può essere soltanto paladino e o sconfitto, eccezionale fenomeno da baraccone o vittima.  Mai individuo, mai Seità.

Siamo terrorizzati dall'handicap, e questo perché noi stessi avanziamo a fatica, portandoci avanti su stampelle emotive e psichiche alquanto precarie, isolandoci sempre di più perché siamo sempre meno capaci di sopportare il contatto con la complessità dell'altro ed illudendoci che in questa sorta di eterna battaglia contro non si sa quale male potremo finalmente elevarci al di sopra della nostra condizione precaria, splendendo fulgidi e virili al di sopra di un mondo che finalmente abbiamo dominato.

Uno scenario epico, perfetta cornice di un'epica serie di stronzate.

 "Com'è abituale nell'evoluzione concreta delle cose, colui che ha trionfato e conquistato il godimento diviene completamente idiota, incapace d'altro che godere, mentre colui che ne è stato privato conserva la sua umanità."
[J.Lacan - Seminario III: Le Psicosi] 
Per questo è morto Socrate?  Davvero?
Per lasciare in eredità il suo pensiero ad un esercito di larve incapaci anche soltanto di capire cosa significa cercare di Essere?

Lotta, lotta, lotta.  Come i supereroi, come i grandi del passato. Lotta, come i lombrichi che si contorcono nel fango.

Lotta, non importa se poi attorno a te non vi è alcun mezzo per farlo.
Perché è questo il problema.
Ci dicono di lottare, di farci le nostre ragioni, di informarci, di prendere coscienza, di evolverci, ma non ci lasciano i mezzi.

E giù di filosofie spicciole all'acqua di rose, robetta new-age di non ben chiara origine, frasi fatte d'auto-aiuto, poteri della mente, alieni, speranze epifaniche e apocalittiche, dove l'esperienza del vuoto e dell'Altro e assolutamente negata, perché si nega il dolore. Il dolore in se stesso intendo, senza scopo preciso, il dolore lacerante ed eterno di Edipo che spinge a strapparsi gli occhi.

Non esiste oggi, il sentore di quel dolore. Il dolore dell'uomo moderno è divenuto un mezzo, è stato declassato a pungolo per un fantomatico risveglio della coscienza, ed ha perso il suo valore di esperienza fondante e totalizzante. Il dolore che è l'essenza della Lotta vera e propria, quella del Uomo non contro, ma verso se stesso,  ora è un parassita fastidioso di cui liberarsi, e l'Uomo realizzato è l'uomo di plastica con un sorriso da cretino sempre stampato sul volto. L'uomo onesto, il nuovo borghese che ha fatto i lavori più umili e si è innalzato sopra le folle, quello che ce l'ha fatta proprio perché è onesto, perché è puro, modellato dalla strada.

L'uomo che non ha mai commesso errori e che rassicura, perché ambasciatore di un mondo semplice, un modo senza tragedia, dove hai quello che vuoi e puoi tenere le redini di tutto, e dove hai le redini perché stai domando un cavallo docile e privo di qualsivoglia desiderio di libertà.

"Io ho fatto come te eppure...non ho mai avuto bisogno...piuttosto che fare quello io..."

Non pensieri, ma spazzatura.

In pratica: ci dicono di Lottare, ma di farlo con gioia. Perché si sa che quando sei nel mezzo di una battaglia, circondato da sangue e viscere, con le mani affondate dentro il petto pulsante del tuo nemico, la prima cosa che ti viene da pensare è che la vita è meravigliosa.

Io lotto, continuamente, lotto come un fottuto cane rabbioso per non soccombere all'angoscia ed al tremendo intorpidimento che mi attanaglia,  e tutto ciò che ne ricavo è un profondo senso di solitudine.

Potrei realizzarmi nello studio, ma l'Università, con i suoi tempi, la sua burocratizzazione selvaggia, il suo ottuso concentrarsi unicamente sulla preparazione teorica a discapito dell'esperienza concreta, non me lo permette.

Potrei integrare con il lavoro, magari in qualche associazione umanitaria, o come assistente sociale, ma non è possibile. Vuoi fare esperienza? Cazzi tuoi bello! Perché noi cerchiamo solo gente certificata,laureata! Normative europee, amico, non possiamo farci niente. Cosa importa se tu hai bisogno e voglia di fare qualcosa di concreto, di iniziare a capire VERAMENTE cosa significa agire in contatto con realtà problematiche, cosa importa se devi pesare sui tuoi genitori e passare le giornale, le estati, chiuso in casa a studiare. Ognuno pensa al suo, no?

CAZZOCENEFREGAANNOI se tu vuoi entrare finalmente nel mondo, anche se, sia chiaro, questo non ci risparmierà dal criticarti quando ti dimostrerai inadeguato alle sue richieste.

E se vuoi costruire la tua indipendenza, devi ridurti a fare qualunque lavoro, trovandoti impossibilitato a studiare come vorresti e assolutamente logorato da un impiego che non ti piace, mentre persone più stupide ed incompetenti di te si realizzano perché boh...va così. O perché non si fanno troppi problemi.

Questo non è lottare, è immolarsi per una causa non tua, è accontentarsi delle briciole.
Ecco, questa è la mia impressione: ci scanniamo per le briciole, tutti, e quando fortuitamente riusciamo a sgozzare chi ci è accanto e ce ne accapariamo un po' di più, ci lasciamo convincere di aver compiuto una grande opera.

Ma non è vero, abbiamo raccolto delle briciole. Una cosa che anche i ratti di fogna sanno fare.

Peter Paul Rubens - Crono divora i figli ( dettaglio), 1636


Nick Cave and The Bad Seeds - From her to Eternity








lunedì 20 marzo 2017

Visita Interiora Terrae

"Siamo poveri davvero se non siamo altro che sani di mente"
[Donald Winnicott ]
E' una vita che non scrivo, che non scrivo sul serio.
Certo, ogni tanto tiro fuori qualche poesia, vabbé, ma prendermi la possibilità e lo spazio per entrare in me stesso, per osservare i miei spazi interni...
Da quanto non lo faccio? Due anni? Tre? Quattro?Cinque? Una vita intera?

C'è un'aridità abbacinante in me, come un blocco, qualcosa che mi è stato succhiato via come il midollo dall'osso e che mi impedisce di essere forte, presente a me stesso, capace. Qualcosa che negli ultimi anni ho affrontato e sublimato con estremo dolore e fatica ( ponos?), e che ormai potrei persino descrivere con dovizia di dettagli, se me la sentissi

Il fatto è che non voglio. Voglio ancora scavare, grattare finché non sentirò il nucleo delle mie debolezze pulsare vivo e caldo, finché non potrò osservarlo come osservo ora lo schermo di questo computer e accettarlo per quello che è...

Visita Interiora Terrae...

Un giorno, forse, potrò respirare e sentirmi completo e felice. Davvero. So che sarà così.

Caravaggio - Decollazione di San Giovanni Battista, 1608



Io
sono solo
Come un pezzo di legno putrefatto
abbandonato sulle soglie del camino
             Niente, Niente
Insostenuto, sottile e flebile
santissimamente sacrificio del mondo
privato a forza delle proprie viscere
delle sue profondità
Io sono solo
         come una linea tracciata a matita
                         sul tavolo
come macchie di dita impresse sul vetro
Solo, niente
                    Solo
La mia mente è silenziosa, stanza vuota dell'anima
la mia bocca parla abbandonata
schiava della lingua e dei muscoli facciali
Ed io sono solo, così solo
solo, solo, solo
monco, tranciato, macellato
                    cieco, abusato.
vivo, trasceso, ucciso
 scoperto, 
       indifeso
Solo, niente. Come una tenda stracciata.
                Solo.
                    Moncherino patetico d'essere
Solo. Incapace, stupido, inerme...
        Disarmato, tremante, impaurito
                          Solo
                                   Solo
                                           Solo...
Un abbraccio impedito
una mano tesa scorticata sul palmo
un guscio sgranocchiato fino al pulviscolo
un turbine senza salvezza, uno schizzo di spuma sulla terra secca
una guerra senza grida, un marchio senza pelle
Solo. Solo.
Come un idioma sepolto, una civiltà negletta 
                                                          
Solo
come le nenie dei primi uomini                                                 

Solo....
        Solo....
                  Solo.

Donizetti -  Verranno a te sull'aure 
( Lucia di Lammermoor; Maria Callas e Giuseppe Di Stefano)


Io faccio schifo, e tu?

Io faccio schifo, e tu?

Visitatori